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Manifestazione 27 Ottobre

manifestazione 

 

Da oltre un anno il secondo piano di degenza dell’Unità Spinale di Torino è chiuso

    • In questo lungo periodo sono stati respinti diversi pazienti acuti, come ammesso dai vertici della struttura in un incontro avvenuto con la nostra associazione all’inizio della scorsa estate. Per acuti si intende persone che hanno appena subito un trauma o una lesione midollare e che avrebbero bisogno immediato, subito dopo le cure necessarie, di entrare nel programma riabilitativo delle Unità Spinali.
    • Oltre a questi serissimi e gravi episodi, c’è una platea di centinaia e centinaia di persone con lesione midollare in tutta la provincia di Torino e la Valle D’Aosta che hanno come riferimento l’Unità Spinale torinese, il cui ruolo è seguire i pazienti lungo tutto il percorso di vita, anche e soprattutto, per evitare aggravamenti di sintomi pericolosi (a volte data la nostra condizione neanche li percepiamo i sintomi pericolosi e per questo necessitiamo di più esami, di più controlli) sia per la salute, sia per la gestione della vita quotidiana.

    • Degli oltre 40 posti teoricamente di disponibili di degenza, ad oggi ne sono disponibili appena 22. Seppur risulta encomiabile l’impegno della maggioranza degli operatori del reparto attualmente funzionante e di quelli del day hospital, che provano a supplire alle mancanze dei reparti come meglio riescono e con i tempi che possono, restano inattese le necessità più o meno serie di moltissimi pazienti che cominciano ad essere disillusi e a cercare conforto in strutture pubbliche addirittura fuori regione o anche private a pagamento, non solo per esami diagnostici e strumentali, ma anche per visite o interventi di altro genere, compresi quelli neurourologici, fisiatrici e fisioterapici.

    • Discorso altrettanto grave e serio quello che riguarda i posti di neuro-urologia. I problemi di natura neuro-urologica sono tra i più diffusi, invalidanti e di gestione complessa per chi ha una lesione midollare. Non possiamo dimenticare che questa specialistica ha avuto Torino come culla ed è stata tra le eccellenze in Europa per molti anni. Con un misto di incredulità e rabbia per ciò che è stato, che potrebbe essere e che non è più, osserviamo da mesi con sdegno che mentre realtà paragonabili a quella di Torino come quelle di Milano e Firenze hanno a disposizione 14 e 12 letti di degenza per queste problematiche, Torino ne ha solo 2 che devono, tra l’altro, soddisfare le esigenze di tutto il territorio piemontese e valdostano, visto che altre le altre realtà simili alla Unità Spinale di Torino, Alessandria e Novara, si appoggiano alla nostra per questa specialità. Come se non bastasse, la camera adibita alla degenza di neuro-urologia di via Zuretti 24 è posta al quarto piano dell’edificio dell’Unità Spinale che ospita la riabilitazione di traumi cranici, invece che nei piani dedicati alle lesioni midollari; in più, molte volte è stata usata in modo promiscuo per genere (uomini e donne nella stessa camera) e data la natura del ricovero molti pazienti hanno manifestato disagio vista la delicata zona di intervento della specialità.
    • Questa carenza di posti allunga inevitabilmente di moltissimo le liste di attesa per interventi più o meno seri, più o meno complessi o anche solo di routine. Ma in questo campo un intervento di routine, come l’infiltrazione della tossina botulinica, può essere quello che traccia il confine tra una quotidianità dignitosa e indipendente ed una limitante nei diversi ambiti in famiglia, sul lavoro o nella socialità.

E’ stato chiuso l’ambulatorio di vulnologia, riferimento per la prevenzione e la cura delle piaghe da decubito e ulcere da pressione.

 

I pazienti attualmente ricoverati non usufruiscono pienamente di due pilasti della riabilitazione midollare:

  • L’acquaticità. Da oltre un anno la piscina per la riabilitazione in acqua è chiusa e non si sa quando si riaprirà. Troviamo incredibile che a fronte delle riaperture di praticamente tutte le piscine italiane, comprese quelle comunali, di palestre e sportive, proprio quella utile per la riabili e che prevede in vasca la sola presenza di paziente e riabilitatore, oltretutto con certificazione anti covid, non sia ancora avvenuta.

Attività sportiva riabilitativa. Durante tutto il periodo di emergenza pandemica le attività di riabilitazione sportiva sono state interrotte, non sono state permesse neanche quelle a distanza come avvenuto in altre realtà analoghe. Mai si è preteso che ricoverati in Unità Spinale diventassero campioni paralimpici, anche se abbiamo vari esempi di atleti medagliati che iniziarono nelle unità spinali, ma le attività sportive di base declinate sulle esigenze dei singoli pazienti hanno sempre contribuito alla qualità della riabilitazione fisica e psicologica di chi ne ha avuto necessita, Appena da metà settembre sono ricominciate alcune attività ridotte al minimo e ricordiamo che ad occuparsi dell’impegno è anche una figura esterna tecnica riconosciuta, membro del CIP.

 

Come accennato qualche paragrafo sopra, ci fu un incontro nello scorso luglio con la dirigenza: tra le altre cose prospettarono la riapertura del secondo piano in questo periodo se il Covid avesse dato tregua, anche se la modalità della riapertura non venne specificata per quantità e qualità. Sta di fatto che ad oggi nulla è accaduto e i numeri Covid paiono molto rassicuranti.

 

Anche per questo pensiamo che sia arrivato il momento di restituire alla Sanità piemontese e ai pazienti un luogo che potrebbe essere di eccellenza, come fu, ma che da qualche anno viene sotto utilizzato da chi dovrebbe valorizzarlo.

 

L’Unità Spinale è la nostra casa. Dovrebbe essere quel luogo accogliente, sicuro, funzionale in cui tornare quando le cose non vanno, ma anche andarci per evitare che le cose non vadano peggio un domani.

 

E’ la nostra casa sempre: quando funziona e quando non funziona e vogliamo che funzioni. E bene.

 

E’ la nostra casa. Chi la amministra lo fa pro tempore, andrà via e dovrebbe ricordarsi di lasciare la casa meglio di come l’ha trovata, non peggio. A valutarne la qualità e l’efficienza possiamo essere solo noi che dobbiamo viverla fino a che ci siamo: non i conti, non i politici, non i dirigenti.